Shopping e consumismo

consumismo shopping onlineShopping e consumismo non sono affatto sinonimi, ma risultano srtettamente  interconnessi.

Il consumismo è un brutto morbo, eppure continuiamo tutti ad esserne affetti, come fosse un’abitudine divenuta ormai irrinunciabile. Prima siamo stati travolti e trascinati dalla marea. Poi educati a conviverci. Finché non siamo diventati dei nuotatori provetti in una scala di bravura che va da chi ci sguazza frenetico e spensierato come un delfino, a chi si riduce a fare il morto a galla. Nella quotidianità di ognuno di noi, può tradursi in un’unica parola. Un prestito linguistico di vecchia data, in grado di far sognare e sospirare di desiderio alcuni, rabbrividire e nauseare altri. Shopping, per l’appunto.

Si potrebbe obiettare che l’argomento interessi solo coloro i quali passeggiano per negozi, entrando e uscendo con numero crescente di buste e pacchetti per le mani. Eppure se non si è colpiti in forma acuta da questa piaga tipicamente umana, non significa purtroppo essere immuni.

Al giorno d’oggi le compere si fanno sempre più cavalcando onde virtuali, dunque si intuisce che l’osservazione del fenomeno nei grandi centri commerciali non è più un dato sufficiente a quantificarlo. Anzi, probabilmente, dati alla mano, risulterebbe inferiore rispetto allo shopping effettuato online. Oltretutto le aree di interesse sono molteplici e talmente varie da soddisfare i gusti di ogni persona, a prescindere dall’età e dalla disponibilità economica. Ormai è del tutto impossibile sfuggirgli. Già, poiché anche chi non definirebbe se stesso benestante, e perfino chi arriva a classificarsi come povero, accusa sintomi inquadrabili nella rosa del consumismo.

Tutti compriamo, per necessità, per diletto, per noia, per tristezza, per desiderio, per boria, per passione, per interesse, per altruismo, per insoddisfazione, per stupidità…e la lista potrebbe proseguire ancora fino a motivare ogni singolo acquisto effettuato nell’arco delle nostre vite. Oltretutto non si tratta solo di possedere beni materiali, ma anche di usufruire di servizi e prestazioni professionali, di vita sociale e salute. 

Ognuno di noi stabilisce le proprie priorità e si regola di conseguenza, ma difficilmente potremmo accordarci su quali siano. Perfino nell’ambito dell’alimentazione, che di per sé è un bisogno primario, si hanno opinioni dissimili e spesso contrastanti.

Esistono coppie che in un mese spendono quanto quattro coinquilini e ci sono single cui non basterebbe il budget di una famiglia numerosa a soddisfare le proprie necessità alimentari. In questi casi non ci preoccupa di shopping e consumismo, ma ecco che quando arrivano le feste programmate non si parla d’altro. Dopo ogni Natale e San Valentino compaiono sempre più paladini del risparmio pronti a scagliarsi contro il carattere commerciale che ormai hanno assunto. Non solo, si arriva perfino a denigrare chi spende in ottemperanza a tradizioni svilite e senza valore. Magari sottolineando che si dovrebbe essere buoni e dimostrarsi amore reciproco per 365 giorni l’anno.

occasioniE io mi chiedo, chi ve l’impedisce?

Non capisco perché non si possa vedere in queste occasioni proprio questo. Semplici occasioni. Vale a dire, un’opportunità in più per regalare gioia a chi amiamo. Non vedo motivo per privarle del carattere grassetto e del colore rosso con cui sono contrassegnate ed evidenziate nel calendario. Se non per asfaltare quel che di buono può ancora esservi rimasto.

È innegabile che il consumismo le abbia profondamente intaccate, ma non c’è aspetto della nostra quotidianità in cui ciò non sia accaduto. La stessa pratica dello shopping, a cui alcuni si dedicano come fosse uno sport, è un derivato del consumismo. Solo noi conosciamo chi amiamo e possiamo sapere se e, nel qual caso, cosa gradirebbero ricevere e soprattutto quando. In fondo quel che conta sono sempre e solo le nostre priorità e quello a cui decidiamo di dare valore. Se qualcuno vuole regalare cioccolatini o un mazzo di fiori, non vedo perché debba venire criticato astiosamente in questa inversione di tendenza atta a denigrare chi osa festeggiare. Che sia il 14 febbraio, il 25 dicembre o il 28 gennaio.

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