L’appetito vien mangiando, si è soliti ricorrere a questo detto per invogliare i riottosi a sedersi a tavola.
Si dice spesso che non bisogna aver fretta, bensì pazientare, sacrificarsi in visione della ricompensa futura…ma ci vuole una solida forza di volontà per fare tutto questo. Come la mettiamo con l’hic et nunc? Come facciamo a concentrarci su quel che abbiamo davanti in questo momento, se siamo impegnati a guardare oltre? Con lo sguardo a quando i nostri desideri diverranno realtà?
Per quanto riusciamo a guadagnare non si smette mai di anelare a qualcosa, quindi seguitiamo a rincorrere quel di cui sentiamo il bisogno, senza riuscire a fermarci. Viene spontaneo chiedersi se non sia questo il destino dell’umanità. Un’intera esistenza all’insegna dell’insoddisfazione.
Molti potrebbero obiettare che, fortunatamente, al mondo esistono persone appagate dalla propria vita. Tuttavia sono certa che concedendo loro la possibilità di esprimere anche solo un desiderio, non ce ne sarebbe nemmeno una a tirarsi indietro. Questo perché ciascuno di noi, a prescindere dal grado di ambizione che ci riguarda, viene al mondo e sviluppa appetiti via via sempre più difficili da soddisfare. La fame, in senso figurato, è davvero una brutta bestia con cui convivere, ma farlo è possibile. A differenza di quella intesa in senso letterale, che invece non lascia scampo.
Se si ha appetito è giusto sfamarsi, altrimenti rischiamo di andarcene in giro pieni di rancore e pronti ad assestare morsi a chiunque ci capiti a tiro. Quante volte ci è capitato di incontrare individui frustrati e ci siamo chiesti cosa diavolo fosse capitato loro per renderli mostri di scortesia o campioni di maleducazione?
Tuttavia la sazietà è difficile da raggiungere. Forse perché viviamo in un surreale circolo vizioso di nutrimento e dispendio di energie, che in qualche modo è proprio ciò che ci sostenta e ci spinge a proseguire.
Passare in rassegna gli altri tavoli, da un lato potrebbe ispirare a cambiare ricetta per migliorare la propria pietanza. Dall’altro, la vista di un piatto di qualità superiore al nostro potrebbe inacidire quest’ultimo, rendendolo un dispiacere per il palato. Va da sé che il digiuno non rappresenta una scelta intelligente, né tantomeno l’ingordigia. Dunque quale sarebbe l’atteggiamento migliore?
Proseguendo in questa metafora legata al cibo, sembrerebbe quello di chi si concentra sui piatti del giorno, senza sbirciare il menù serale, che potrebbe tentarci e distrarci sul più bello. Quello di chi ordina e si gode appieno le consumazioni, ma buttando al contempo un occhio al futuro e scegliendo magari il dolce. Pur sapendo che dovrà aspettare un po’, prima di poterlo gustare.
In conclusione, che siate perennemente a dieta oppure delle buone forchette, non mi resta che augurarvi…buon appetito!
molto stimolante l’argomento ironicamente affrontato da elenia. xsonalmente ritengo, e credo di averne le prove, ke l’insoddisfazione sia una molla dl progresso e decisiva differenza tra sapiens e animale. se, x restare alla metafora di elenia, al sapiens fosse bastato riempire la pancia col cibo crudo, nn avrebbe cotto la prima braciola ecc. ecc. quindi w l’insoddisfazione, a patto ke nn diventi sterile, paralizzante, buia frustrazione. secondo me l’accettazione o, di +, il desiderio di cambiamento, in (qsi) ogni campo, distingue nn solo il sapiens dall’animale, ma anke il giovane dal vekkio. conosco vekki di 20anni e giovani di 80 x i qli, anke con la dentiera traballante, l’appetito vien mangiando.