Le stazioni, o le si ama o le si odia. Ci sono persone a cui suscitano emozioni contrastanti. Spesso si tende a schierarsi fra coloro che si sentono sollevare in aria da quel ventaglio di possibilità che trovarsi davanti al tabellone delle partenze comporta, oppure fra quelli che si sentono scatenare dentro un tornado di ansia al solo sentire gli annunci dei treni in partenza. Perfino l’idea di fare le valige può entusiasmare come non mai, oppure gettarci nel più tremendo sconforto.
C’è da dire che dipende anche dal motivo per cui ci si accinge a partire. Fra trasferta di lavoro e viaggio di piacere corre una bella differenza. È pur vero che ci sono persone che odiano organizzarsi a prescindere e preferirebbero la solita routine quotidiana, piuttosto che ritrovarsi ad obliterare un biglietto.
Quello scatto metallico, ormai quasi soppiantato da un bip elettronico, è invece al contempo quanto di più familiare ci possa essere per un pendolare. Uno talmente abituato a viaggiare da essersi rassegnato all’ingombro sulla propria spalla della testa ciondolante del passeggero accanto.
Le stazioni sono un luogo di passaggio necessario. Sono la tappa intermedia di un viaggio che si sta per compiere. Ci si reca in stazione per accompagnare qualcuno o per riceverlo. Difficilmente sederemmo accanto al binario o sosteremmo sotto di una banchina senza uno di questi motivi a spronarci.
Non si va in stazione per trascorrere un paio d’ore sulle panchine, come si potrebbe fare su quelle del parco. Né si prendono sottopassaggi per il gusto di passeggiare. Comunque, se a qualcuno capitasse di restare qualche momento in osservazione, gli si presenterebbe un campionario emozionale ineguagliabile.
Sembra che chiunque si rechi in stazione non sia in grado di celare i propri sentimenti. Come se varcandone l’ingresso si attraversasse una cascata in grado di lavare via tutti gli artifici. Una volta entrati non si è più in grado di indossare maschere che dissimulino le nostre emozioni. Queste anzi diventano lampanti e palpabili. Tutta l’ansia, la gioia, la tristezza, la rassegnazione, la preoccupazione, l’entusiasmo, la paura, la noia, la rabbia che muove ciascun avventore della stazione permea l’aria.
Nelle stazioni non si respira propriamente aria fresca. Forse questo è uno dei motivi per cui non ci si siede sulle panchine delle stazioni, solo per consumare un pasto o passare del tempo. Sempre se ci sono, le panchine. Tuttavia trovo che esse (le stazioni, non le panchine) abbiano fascino da vendere, se considerate come un crocevia di vite in perenne movimento.